Lettere: Francesco Bruno dal carcere di Sulmona
Gentilissimo Direttore, mi chiamo Francesco Bruno e mi trovo ristretto presso codesto istituto penitenziario nel reparto E.I.V. per scontare la pena dell'ergastolo, questa volta ho deciso di spedirLe la presente tramite raccomandata a/r per avere certezza che Le venga recapitata.
Al direttore della casa di reclusione di Sulmona e p.c.al Magistrato di Sorveglianza c/o il Tribunale di L'Acquila
alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
al Sottosergetario alla Giustizia On. Luigi Manconi
al Capo dell'Ufficio per la Garanzia Penitenziaria
all'Unione Camere Penali Italiana
all'Avv. Elisabetta Bianchi (difensore di fiducia dello scrivente)
all'Associazione Yairaiha Onlus
Gentilissimo Direttore, mi chiamo Francesco Bruno e mi trovo ristretto presso codesto istituto penitenziario nel reparto E.I.V. per scontare la pena dell'ergastolo, questa volta ho deciso di spedirLe la presente tramite raccomandata a/r per avere certezza che Le venga recapitata. Già una volta ebbi a dirle cosa succede in questo istituto e lei mi disse che le avevo fatto uno spaccato del carcere che fino a quel momento le era sfuggito. Ricorda? Mi sembrò sincero, ma da allora sono passati mesi e non è successo niente di nuovo.
Guardi che i numerosi suicidi avvenuti negli anni passati in questo carcere avranno pure una motivazione. E se ancora a settembre del 2007 ci sono stati due tentativi di suicidio, per fortuna falliti grazie all'intervento tempestivo degli agenti di custodia, qualcosa significherà. Una persona debole psicologicamente non è capace di sopportare lo stato ansioso cui è sottoposto a causa del muro di isolamento, di abbandono e l'impotenza a far valere i propri diritti. Io, per fortuna, non sono tra i deboli e non penso neanche lontanamente a togliermi la vita, come non penso a farmi giustizia da me, tant'è che sto rivolgendomi ancora una volta a Lei, e sto rendendo nota la mia lettera a chi ritengo possa (e debba) fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita dei detenuti in questo carcere. Intanto continuerò a protestare ad oltranza con metodi civili, ma forti, finchè non modificherete questo regime che non è contemplato in nessuna norma del diritto penitenziario. E se ci fosse qualcuno che un bel giorno, stanco di bussare inutilmente alle porte della giustizia e consapevole che potrà uscire dal carcere solo in una bara, perdesse il lume della ragione e si facesse giustizia da sé lei, in tutta coscienza, dopo essere stato ripetutamente pregato di intervenire, se la sentirebbe di condannarlo anche moralmente?
Vorrei ricordarle, se me lo permette, che lo Stato di Diritto si è affermato, dal punto di vista giuridico, solo dopo che è stata fatta una Rivoluzione, nel lontano 1789, in un paese chiamato Francia e per cui tanto sangue è stato versato per le strade d'Europa.
Tutti, e non solo i detenuti, hanno il dovere di concorrere affinchè possa affermarsi anche nella realtà.
Per favore, si attivi per ristabilire la legalità all'interno di questo carcere. Questo trattamento è lesivo dei diritti umani e va in direzione opposta a quella di un sincero ravvedimento del detenuto.
Sulmona, 16 gennaio 2008