Lettere: Vorrei essere colpevole come Raskolnikov
Cari amici liberi, spero un giorno di poter dare anche io una mano nella campagna di sensibilizzazione sociale, che quotidianamente agite. “Coscienza collettiva” chiama Durkheim la condivisione di convinzioni, principi etici, regole di vita. Ed è questo creare coscienza collettiva che ritrovo nelle nostre lotte. L’insieme, la società, è qualcosa di molto più che la somma delle sue parti, degli individui. Essa è il terreno fertile su cui si costruiscono e si intersecano i legami sociali che sono legami di solidarietà, speculari e funzionali nei loro caratteri essenziali alle strutture sociali nell’ambito delle quali si costituiscono. Per tale ragione se le strutture sociali si modificano, si modificano anche tali legami e le forme di solidarietà che ne costituiscono l’essenza.E poiché strettissima è la relazione tra solidarietà e coscienza collettiva, ciò significa che anche quest’ultima può mutare i suoi caratteri e i suoi contenuti.
Le problematiche che attraversano la popolazione carceraria si collocano nella regressione generale dei diritti umani riconosciuti dalla nostra costituzione e calpestati in nome di una democrazia mascherata, grazie anche all’ausilio dei mass media in mano alla classe dominante.
Emblematico è il ministro della giustizia che dichiara in tv che <> e, dopo una settimana, viola quegli stessi diritti esibendo l’immagine di Battisti mentre viene condotto - a braccetto dagli agenti – presso l’ufficio matricola dell’istituto carcerario e che durante la conferenza stampa alza la voce per affermare che<>. Di contro, non spende neanche una parola “istituzionale”, morale, garantista o di scuse, nei confronti di un innocente (Cosimo Commisso) che negli stessi giorni veniva assolto “per non aver commesso il fatto” dopo 26 anni di detenzione in ergastolo. Non una parola sulle vittime di malagiustizia che dal 1992 al 2017 ha visto 26 mila persone ingiustamente condannate e detenute e per le quali lo Stato ha già speso 650 milioni di euro in risarcimenti per ingiusta detenzione.
Non una parola dal ministro, non solo e non tanto per le evidenti ricadute sull’erario dello Stato a causa di una giustizia sommaria ma, soprattutto, non ha speso una parola per tutte le persone innocenti, private della libertà per “eccesso di libero arbitrio” dei giudici.
A volte preferirei essere veramente colpevole come il protagonista di Delitto e Castigo, Raskòl'nikov. Egli uccide la vecchietta e ne prende la vita, caricandosi del peso di una colpa che solo il castigo potrà alleviare. Dunque, Raskòl'nikov conosceva la sua colpa, ne conosceva il peso, lo sentiva e cercava il castigo: dovuto alla sua coscienza, soggetta solo al metro della sua sensibilità personale e a quello riconosciuto come risarcimento da pagare alla società stabilito dalla legge penale.
Io invece mo sento come Josef K., il protagonista de Il processo di Kafka che non poteva riconoscere la sua colpa perché non conosceva neanche le accuse da cui difendersi, manca addirittura il delitto! Come poteva accettare una colpa non riconoscendo un delitto non commesso?
Sognare e osare l’utopia di un mondo di liberi e eguali per diritti e dignità (come avrebbero voluto grandi pensatori Karl Marx o Engels, liberi dai soprusi, dalle ingiustizie e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo), non costituisce reato (ancora). Mi auguro, tuttavia, che l’attuale governo non faccia un decreto legge anche per questo. Credo che il pensiero di Marx abbia sapientemente svelato la barbarie che priva l’uomo della sua libertà squarciando anche il velo che impedisce la consapevolezza di tale schiavitù.
Francesco C.
Francesco è un uomo di 45 anni, da 28 in carcere con una condanna all’ergastolo su basi indiziarie. Si è sempre professato innocente. Attualmente è in attesa del processo d’appello che potrebbe, si spera, ribaltare la sentenza di I grado.
Associazione Yairaiha Onlus
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